Adesso che abbiamo concluso con la trattazione dello stereocartografo possiamo rappresentare tutto im modo conciso tutti gli argomrnti visti con la mappa concettuale in foto.
La mappa è stata realizzata con Draw.io
Adesso che abbiamo concluso con la trattazione dello stereocartografo possiamo rappresentare tutto im modo conciso tutti gli argomrnti visti con la mappa concettuale in foto.
La mappa è stata realizzata con Draw.io
Il processo dell'incisione chimica su lastre di zinco era uno degli ultimi step per la produzione di una carta. Questa tecnica veniva utilizzata per produrre le matrici delle mappe che poi venivano piegate sui rulli per la stampa. Vediamo un po' più nel dettaglio il processo per la produzione delle matrici.
Per prima cosa si crea il "bagno" per la lastra di zinco, precendentemente incisa superficialmente, con acido nitrico, oppure al solfato di rame, insieme all'acqua (in rapporto 1:12 e 1:3 rispettivamente). Questi due composti sono molto ossidanti e quindi scavano dei solchi, più o meno profondi, in corrispondenza delle incisioni della lastra, ricavando così gli "alloggi" per l'inchiostro.
Esempio di lastra di zinco incisa chimicamente, raffigura una protesi bionica per un braccio |
Ad oggi questo processo è ormai superato, le matrici vengono prodotte con un processo automatico che consiste nel creare il modello su computer e inviarlo ad una macchina che con un punteruolo ne incide la superficie. L'incisione chimica è caduta in disuso perchè era un processo molto lento e soprattutto pericoloso. Le sostanze chimiche, come l'acido nitrico, sono molto nocive, tossiche e i suoi fumi producono danni irreparabili al sistema respiratorio.
Per sapere di più sull'incisione chimica clicca qui.
Lo stereocartografo mod. III, presente all'interno del museo delle Officine Galileo, nel 1979 è stato portato in Russia per un'esposizione. Sfortunatamente, non è stato imballato bene e si bagnò completamente. Nessuno sapeva come fare, ma, un operaio, Leone Donnini, lo smontò interamente, lo ripulì e lo rimontò. Il problema principale era l'ottica: si sbriciolava, ma, lentamente e scrupolosamente, attraverso diversi trattamenti, tutto filò liscio e venne esposto in tempo.
Fonti: Luciano Romeo, direttore tecnico del museo delle Officine Galileo
La pulizia di lenti dello stereocartografo è una procedura molto delicata. Periodicamente esso veniva smontato per eliminare i residui di polvere e le macchie dall'ottica, im modo da permettere all'operatore una migliore vista per l'accoppiamento delle foto stereoscopiche.
Il processo richiedeva molto tempo e veniva attuao attraverso una soluzione a basso contenuto di alcool chiamata soluzione di lavaggio per poi passare alla soluzione di risciacquo.
Per prima cosa bisogna spolverare l'ottica in modo che quando verrà lavata non si incorrerà nel pericolo che qualche residuo di polvere provochi graffi e lesioni.
La soluzione di lavaggio era preparata con i seguenti ingredienti:
La concentrazione percentuale della soluzione risulta essere 10% v/v.
É grazie all'acool e alle sue proprietà che venivano eliminati gli aloni, le impronte e tutti iresidui.
Durante il procedimento bisogna stare attenti a miscelare la soluzione senza agitarla. I liquidi bisogna filtrarli e porli in uno spruzzino. Non bisogna immergere le lenti nella soluzione ma spruzzarla sopra e rimuovere il liquido con uno straccio di cotone. Bisogna indossare anche i guanti in modo da non lasciare impronte.
La soluzione di risciaquo è composta semplicemente da acqua distillata per eliminare tutti i residui di Vetril.
Prima di riposizionare tutti i componenti bisogna far asciugare bene le lenti.
Per avere altre informazioni sulla pulizia delle lenti clicca qui.
Fonti: Luciano Romeo, direttore tecnico del museo delle Officine Galileo.
L'alluminio è uno dei metalli della tavola periodica più resistente al tempo, questo grazie a un sottilizzimo trato di ossido che impedisce al materiale di entrare in cotatto con l'ossigeno.
É davvero un fatto bizzarro che ci serviamo dell'ossido, una sostanza che normalmente rovina gli oggetti, basta pensare che l'ossidazione del ferro produce quella che volgarmente viene chiamata ruggine. Invece l'ossido di alluminio protegge il materiale. Basta pensare che questi è il secondo materiale per durezza, dopo il dimante, ad oggi conosciuto.
L'applicazione dello strato di ossido sull'alluminio viene chiamata anodizzazione. Il processo di anodizzazione non è molto complicato da capire. Il metodo più comune consiste nell'anodizzazione con acido solforico. Il pezzo di alluminio sottoposto a questo trattamento, viene pulito e immerso nell'acido. Il pezzo funge da anodo (-) di un circuito elettrico, al quale viene applicata una carica positiva, mentre alle piastre, anch'esse immerse nell'acido viene applicata una carica negativa. L'oggetto, a questo punto, si combina con gli ioni di ossigeno a carica negativa e crea l'ossido di alluminio.
Vasca di anodizzazione |
Ma il processo non è finito qui, per scopi puramente decorativi, questo ossido può essere anche colorato, fissato ed infine fatto asciugare.
L' ossatura stereocartografo è fatto di alluminio e grazie a l'ossidazione di tutte le sue parti, ha permesso ad alcuni suoi esemplari di essere operativi anche ai giorni nostri.
Per saperde di più, visita questo sito.
Lo stereocartografo mod. II, che risiede al museo delle Officine Galileo, ha una storia un po' bizzarra.
Dopo la chiusura delle Officine Galileo, l'operaio Moretti, ha portato via con se uno stereocartografo mod. II. Gli ha apportato però una modifica, da stereorestitutore lo stereocartografo divenne uno scultore di bassorilievi.
Venne sostituito il pennino che disegnava le carte con una piccola fresa, come quella usata dai dentisti. Tutto qui, una piccola sostituzione, trasformò una macchina che stampava mappe in un artista.
Il pennino (cerchio rosso, img dx) è sostituito con un fresito (img sx) |
Era usato soprattutto per dei bassorilievi dei quali non si potevano creare dei calchi come quelli incisi sui muri. Per capire meglio, come quelli del Duomo di Milano, che risiedono lungo tutte le pareti e che nella seconda metà del 900' non erano riproducibili perchè verticali.
Uno dei bassorilievi del Duomo di Milano |
Veniva scattata una coppia stereoscopica di foto al bassorilievo e poi inserite all'interno dello stereocartografo, eseguita la normale procedura di accoppiamento e infine, attraverso il fresino inciso il bassorilievo sul blocco di gesso.
Il sig. Moretti pensava di brevettare e guadagnare qualche soldo da tutto ciò, ma, puntualmente, i suoi acquirenti creavano un calco dal suo bassorilievo (che adesso era orizzontale e ci si poteva ricavare uno stampo) per poi produrre in serie e rivendere a più basso prezzo le sculture.
Visto ciò, rimontò i pezzi originali sullo stereocartografo eliminando la modifica fatta e lo donò al museo.
Purtroppo oggi il sig. Moretti è morto e non ci ha dato la possibilità di vedere delle fotografie del suo magnifico lavoro. Il direttore del museo delle Officine Galileo ci sta però lavorando su, per rendere il suo ingegno e la sua creazione visibili al mondo intero.
Fonti: Luciano Romeo, direttore tecnico del museo delle Officine Galileo.
Curiosità : il titolo di questo post è riferito ad un cartone animato della mia infnzia, Hercules, vi lascio qui il link per vedere lo spezzone del film dove viene citata questa frase.
Passato: ll memento
Presente: L'utensile
Questo è il mio computer, indispensabile al giorno d'oggi per continuare il mio percorso di studi, per "vedere" i miei amici, in questo periodo dove bisogna stare distanti, o semplicemente per vedere film e serie tv su qualche oppure per ascoltare della musica in dei momenti di pausa. Diciamo che è l'utensile che più mi accompagna nella quotidianità.
Futuro: Il feticcio